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Rifondazione: il governo attacca cultura, diritti e democrazia

Il governo Meloni continua imperterrito il suo attacco alla cultura e ai diritti. Dopo il declassamento del Teatro La Pergola di Firenze e di altri teatri “scomodi”, dopo la protesta e lo sciopero delle maestranze e degli artisti del Teatro La Fenice per la nomina di Beatrice Venezi alla Direzione musicale, dopo gli attacchi ai singoli artisti per le loro opinioni e ai giornalisti indipendenti per le loro inchieste, mentre è ancora in vigore il veto alla trasmissione di “No Other Land” sul servizio pubblico radiotelevisivo, adesso arrivano i tagli al settore audiovisivo previsti dalla legge di bilancio. Si colpisce così e si tenta di mettere in ginocchio un intero comparto: dalla produzione cinematografica, alle sale, all’occupazione – nell’ultimo anno già diminuita del 20 percento e ormai allo stremo.
Mentre si continua a criminalizzare qualunque forma di dissenso e di protesta, mentre si emanano circolari per impedire che nelle scuole si parli del genocidio del popolo palestinese, mente si continua a demolire lo stato sociale, con i tagli al settore cinematografico si attacca e si tenta di impedire la possibilità di una produzione culturale autonoma, plurale ed espressione di pensiero critico. Con la diminuzione dei finanziamenti si produrranno meno opere e saranno quindi privilegiate le imprese più forti, sempre meno film riusciranno a raggiungere il pubblico per più di pochi giorni, diminuirà il sostegno alle sale cinematografiche e continuerà così anche la strage di quelle che sono ancora uno dei presidi di democrazia per la loro funzione sociale e culturale.
Rifondazione è a fianco e sostiene la lotta delle lavoratrici e dei lavoratori di tutti i comparti e di tutta la filiera del settore cinematografico affinché siano quantomeno aboliti i tagli previsti.
Il problema non si limita alla quantità dei finanziamenti ma riguarda i criteri di fondo in base ai quali sono erogati.
Il cinema non è solo un comparto industriale trainante sul piano economico, ma uno dei più importanti settori di produzione culturale, veicolo di tanti sguardi sul mondo e sulla realtà che ci circonda, strumento di crescita individuale e collettiva.
Ci battiamo quindi e continueremo a batterci per un riforma del settore che scardini totalmente le logiche mercantilistiche di quella ancora in vigore e firmata da Franceschini. Una riforma che svincoli il finanziamento del cinema dalle logiche di mercato, che torni a sostenere le opere e gli autori e non le imprese. Una riforma per ribaltare i criteri del sostegno pubblico portando all’85 percento quello cosiddetto “selettivo” – cioè ai film d’autore, all’associazionismo culturale, alla formazione, ai festival, all’editoria cinematografica, eccetera – e solo il resto al cosiddetto “automatico”, cioè al mercato.
Occorrono riforme strutturali per combattere la precarietà e l’intermittenza del lavoro nei beni e nelle attività culturali e che riconoscano ai lavoratori della cultura diritti e ammortizzatori sociali.

Occorre una legge che protegga, promuova e renda accessibili a tutti i luoghi della cultura e i luoghi della partecipazione: i musei, le biblioteche, i teatri, le sale cinematografiche, le librerie, le sale per i concerti, i luoghi di sperimentazione.
Che promuova e sostenga l’associazionismo culturale e il lavoro sui territori, la formazione professionale e quella culturale.

Il finanziamento della cultura non è una “spesa” ma un “investimento”. Investimento nella democrazia: le culture, la molteplicità delle tante culture sono nutrimento delle intelligenze, costituiscono un antidoto al pensiero unico e all’omologazione culturale. E dunque anche strumento della lotta contro il genocidio del mercato, il neoliberismo, le disuguaglianze, le discriminazioni, i razzismi, le guerre, i nuovi colonialismi.

Come per la scuola, occorre riportare al centro il ruolo dello Stato anche nella cultura, nella consapevolezza che l’unico utile da ricercare è l’utile sociale; occorre che la cultura, la sua produzione e la sua fruizione, diventi realmente un diritto di tutti, come sancito dalla Costituzione. Che la si consideri un valore in sé, uno degli strumenti per “rimuovere gli ostacoli” per una reale democrazia.

Stefania Brai, responsabile nazionale cultura Prc/Se

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